Lapisvedese

A man’s eye-view. Ovvero l’altra metà del cielo è vuota

Posted in #02 Epidemia by Lapisvedese on 1 agosto 2009

«Si definisce epidemia una malattia infettiva che colpisca quasi simultaneamente una collettività di individui con una ben delimitata diffusione nello spazio e nel tempo. Affinché si sviluppi un’epidemia è necessario che il processo di contagio tra le persone sia abbastanza facile».
Stante questa definizione mi è balzata alla mente l’idea che il 2009, in Italia, sia un’epoca ammalata di svariate malattie diffuse e pericolose. Credo sia in atto un’epidemia. Non saprei dire da quando, non saprei prevedere per quanto tempo. Osservazioni prive di fondamento scientifico, sociologico, antropologico. Solamente osservazioni e preoccupazioni.
Fra le tante epidemie di questo 2009 italiano una mi ferisce, mi infetta, mi impegna il pensiero e la pancia. La scomparsa delle donne, la trasformazione del concetto e dell’uso del bello e del femminile.
Non ho una preoccupazione ideologica della serie “quel che succede è immorale”. Sono colpita da una seria e viscerale inquietudine relativa al benessere degli individui, non mi pongo il problema “è bene vs è male”, mi interrogo sull’idea che quel che succede faccia bene o faccia male. La conclusione a cui sono giunta è: quel che succede fa male!
Partiamo dall’idea di “bello”. Una volta il concetto di bello permetteva di individuare l’essenziale, era bello ciò che permetteva di far trasparire e sondare le profondità dell’anima, bello era sinonimo di autentico. Bello ora è sinonimo di artefatto.
Le vittime privilegiate del contagio, dovuto alla trasformazione del concetto di bello, sono le donne.
Siamo contraffatte, nessuna è più in grado di dire chi è, cosa vuole. Le prime responsabili di questo siamo noi.
Il corpo. Sul corpo delle donne, specie in tv, si sono fatte milioni di finte discussioni: la valletta muta sì o no? Bella e stupida?… Ma mai siamo state capaci di indignarci per l’umiliazione, per la ferita di quello che sta succedendo. Il corpo delle donne deve necessariamente essere: plastica, rifatto, depilato, gonfiato, contraffatto, volgare, oggetto del desiderio, oggetto sessuale, oggetto, deformato, manipolato, da guardare, da toccare, mai portatore/strumento di competenza. Persino le pubblicità di prodotti per donne utilizzano messaggi diretti ad un pubblico maschile, riguardano il desiderio maschile. Ci guardiamo con occhi maschili, le più forti competono con modalità maschili e schiacciano le più deboli, le donne potenti sono uomini. Essere potenti significa portare avanti modelli, stili, atteggiamenti maschili.
Il viso. Ho imparato che la faccia ha 45 muscoli, 40 di questi servono unicamente per esprimere emozioni. Mi chiedo: com’è possibile deformare e plastificare i nostri volti, perché nessuno ferma lo scempio, perché nessuno lotta per l’unicità e l’autenticità, per la verità di quello che siamo che si vede attraverso la faccia. Cosa-stiamo-facendo-alla-nostra-faccia?
«La faccia si chiama così perché la faccio io», osserva Lorella Zanardo. Le finte femministe lottano contro il velo portato da alcune delle donne musulmane, quel velo è lo stesso che portava mia nonna e che portano le donne vecchie, le donne che hanno dignità perché mostrano, incorniciano, evidenziano la propria faccia, imperfetta, rugosa, che segna il passare del tempo. Le rughe sono le preoccupazioni, i dolori, i sorrisi. Ci vuole una vita intera per riempirsi il viso di rughe! Nessuno si ricorda più le ragioni dell’obbligo di mostrare la faccia. Le facce al silicone delle donne rifatte sono tutte uguali sono segno di invulnerabilità.
Perché dobbiamo vergognarci del tempo che passa. Guardo con ammirazione la storia che si legge tra i capelli d’argento e le grinze della pelle delle donne che hanno più anni di me.
Come è possibile stare bene rinunciando a ciò che siamo, alle conquiste e ai segni del tempo, all’essere donne imperfette, vulnerabili e autentiche, all’essere innamorate di uomini che ci amano e ci guardano per le qualità del femminile che a fatica abbiamo mentalizzato e guadagnato fin dall’adolescenza?
È necessario essere consapevoli che la società detiene una funzione psicologica che influenza la nostra cultura e quindi il nostro benessere. I politici, uomini e donne, non possono portare avanti e sostenere un’idea di bellezza artefatta, contraffatta, non possono assistere all’estinzione delle donne, non possono usare le donne (non solo le minorenni) come oggetti di cui servirsi per mostrarsi potenti. Suppellettili.
È necessario che le leggi tornino a prescrivere ideali buoni, non frangibili, e a proscrivere comportamenti malati, cattivi. La legge, i politici, non hanno altro che la funzione che i genitori hanno verso i propri figli. È necessario che facciano i buoni genitori non in termini di assistenza, ma di cura del bene e del bello. Coloro che hanno un ruolo pubblico devono necessariamente rispondere a determinati criteri che consentano di portare avanti un impegno etico che promuova la cultura del benessere, non della rinuncia agli aspetti fondanti della propria persona.
Non perché è giusto così, ma perché fa bene così!
Il benessere psicologico individuale dipende anche e soprattutto dal contesto e dalle condizioni di vita.
Prima di scendere in piazza si potrebbe leggere A tv spenta di Mario Lodi1 e si potrebbe guardare e ascoltare il documentario Il corpo delle donne di Lorella Zanardo e Marco Malfi2.
Non ditemi che non ci sarebbero ragioni sufficienti per una rivoluzione.

MB

1 Mario Lodi, A tv spenta: diario del ritorno, Torino, Einaudi, 2002.
2 Sito ufficiale del film: <http://www.ilcorpodelledonne.net/documentario&gt;.

Lascia un commento